Mostra a cura di Mauro Varotto e Alessia Vedova, da un progetto di Sergio Campagnolo. Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, prodotta da Arcadia Arte.
L’affascinante appuntamento di primavera (12 marzo – 26 giugno 2022) di Palazzo Roncale è con la mostra "Giovanni Miani. Il Leone Bianco del Nilo”.
Per la prima volta ad essere soggetto di una mostra è la storia di un Indiana Jones
dell’Ottocento, l’uomo che votò la sua vita alla scoperta delle sorgenti del Nilo.
La mostra “Giovanni Miani. Il Leone Bianco del Nilo”, che nasce da un’idea di Sergio Campagnolo, a 150 anni dalla morte
dell’esploratore, è curata da Mauro Varotto, docente di Geografia del Dipartimento di
Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova e Delegato della
rettrice per i Musei e le collezioni dello stesso Ateneo, e da Alessia Vedova, responsabile
dell’Ufficio Patrimonio artistico ed eventi espositivi della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che promuove l’esposizione.
Lui, il “bastardo”, sognava la celebrità e per tutta la vita inseguì un riconoscimento sociale che non gli riuscì di ottenere.
Rientrato a Venezia, partecipa ai moti del ’48-’49 contro la dominazione austriaca, ma qualche giorno prima della definitiva capitolazione prende la via del volontario esilio. Raggiunge Costantinopoli e poi l’Egitto, dove per un periodo presta servizio come pedagogo e insegnante di francese e italiano. Nel frattempo si fa strada il sogno di individuare le sorgenti del grande Nilo, che nella sua idea coincidevano con la mitica regione dell’Ofir, la terra dalle immense ricchezze ricordata dalla Bibbia.
Nel 1859, un modesto finanziamento del governo francese gli consente di avventurarsi in una spedizione che lo conduce a Khartoum.
Khartoum, la città da poco fondata dagli inglesi.
La città, da poco fondata dagli inglesi, sorge alla confluenza dei due rami principali del Nilo,
quello Azzurro e quello Bianco. Del primo si conosce l’origine; il secondo è invece oggetto
dell’interesse delle spedizioni delle potenze europee che puntano ad impossessarsi di
territori che sarebbero diventati fondamentali qualora si fosse realizzato quello che poi sarà
il Canale di Suez.
Da Khartoum Miani riparte senza i compagni di spedizione, decisi a non seguirlo. Raggiunge
Gondokoro, oltre 1500 km a sud della città, trascrivendo dettagliatamente il viaggio nel suo
diario e in una mappa del territorio destinata alla Società Geografica Francese. Il suo viaggio
tuttavia è destinato a terminare poco oltre Galuffi, non lontano dal grande lago Nianza (poi
ribattezzato Victoria) senza raggiungerlo: una febbre persistente ed una piaga ad una gamba,
unite alla ostilità delle popolazioni indigene, lo costringono ad abbandonare il progetto. Del
suo passaggio lascia traccia sul tronco di un tamarindo. Per gli indigeni era intanto diventato
il “Leone Bianco”, tributo al suo coraggio e alla sua lunga e candida barba.
Nel frattempo gli esploratori inglesi Speke e Grant entusiasmano il mondo con il loro
annuncio della scoperta delle sorgenti del Nilo, individuate nel Lago Victoria, da loro
raggiunto nel 1858. A Miani non resta che tornare in Europa. Lo accompagnano, al suo
rientro, 14 casse zeppe di 1800 reperti. Tutti i tentativi di vendere la sua collezione
falliscono. Decide allora di lasciarla in dono alla sua città di adozione, Venezia. Parte di questi
eterogenei materiali (tessuti, armi, minerali, strumenti musicali, antichità varie…) è oggi
esposta al Museo di Storia Naturale di Venezia.
Il mal d’Africa torna prepotente ed eccolo ancora una volta a Karthoum, dove diventa
direttore del nuovo zoo della città. Utilizza questa funzione per farsi accettare in una
spedizione diretta verso il Mombuto, nell’attuale Zaire. Il suo ruolo è duplice: esperto
scientifico della spedizione e cercatore di specie animali sconosciute da introdurre nel suo
zoo. Riesce a catturare anche due pigmei, che avrebbero svelato l’enigma della loro esistenza
favoleggiata da Erodoto.
Ospite del re Bunza, muore a Nangazizi nel novembre del 1872. La notizia della sua morte
giunge a Venezia l’anno dopo e la sua tomba sarà rinvenuta solo nel 1881. I suoi resti saranno
destinati all’Accademia dei Concordi della natia Rovigo.
Tra storia, geografia ed etnografia, la mostra “Giovanni Miani. Il Leone Bianco del Nilo” intende raccontare la vicenda di questo
personaggio irrequieto e fuori dagli schemi, di indomito coraggio e volontà ferrea, amante del rischio e dell’avventura, sfortunato inseguitore di grandi ideali come di riscatto sociale.